il dibattito è aperto

11 dicembre 2016 di: Rosanna Pirajno

Abbiamo evitato di parlare di referendum in questi lunghi mesi di campagna elettorale per non urtare altrui suscettibilità, ma ora che l’intervento di Valeria Militello ha aperto il dibattito possiamo dichiararci, esultanti o dispiaciute della bocciatura e della caduta del governo, senza timore di manifestare il proprio credo – il mio fu-credo era per il Sì – poiché le reazioni saranno, ne siamo certe, argomentate e ponderate e non violente ed offensive come quelle postate sui social prima e dopo l’esito favorevole ai No.

In effetti è su questo che vorrei riflettere, sulla frattura non so quanto sanabile tra politici e militanti di sinistra che hanno messo da parte fair play e ritegno “civile” a favore di una opposizione durissima e senza sconti, condita di improperi e contumelie nei confronti dei diversamente pensanti, manco fossero i peggiori avversari, anzi proprio nemici politici da abbattere. Tanto da anteporre, i politici della sinistra e specificamente del Pd, l’affermazione della propria contrarietà alla durata della esperienza governativa del proprio partito, impensabile ai tempi della impostazione maggioritaria del “centralismo democratico”. Questo perché la convinzione, fermissima negli oppositori, che la riforma avrebbe ucciso la democrazia togliendo al “popolo” ogni potere decisionale, ha sbarrato la strada al confronto e ora pure alla riconciliazione, come provano le risentite reazioni alla generosa offerta di Giuliano Pisapia di provarci.

E perciò, in questa gara a chi colpiva più duro hanno prevalso – pare a me, dichiaratamente di parte – i sostenitori del No (una buona parte, almeno) che si sono assunti il compito di salvare la Costituzione e la Patria da una incombente dittatura foraggiata da Finanza e Poteri Forti, quindi scatenando allarmanti previsioni di tribolazioni alle quali noi, poveri idioti del Sì, avremmo condannato le discendenze da qui all’eternità. Mentre il Sì candidamente riteneva che, seppure con parecchi difetti, la riforma avrebbe innescato modifiche procedurali a vantaggio di un sistema democratico più snello e dinamico.

Se i Mercati non sono crollati, come temevano i Sì, è perché si erano già predisposti alla vittoria del No che era nell’aria confermata dai sondaggi – come mi spiega un esperto di banca e finanza a cui chiedo lumi – fa quindi più effetto notare ora, mentre regna grande incertezza sul governo da mettere in piedi, l’assenza di un Piano B che il fronte della sinistra per il No avrebbe dovuto preventivamente elaborare per fornire risposte, e quindi soluzioni, ai molti interrogativi che la crisi ha scatenato e che la bocciatura della riforma ha impedito di incanalare.

L’altra sinistra, frastornata, facendosi quattro conti si chiede se ancora una volta sia prevalso il “tanto peggio, tanto meglio” di antica memoria, votando No in odio all’impostore Renzi – il “non eletto” nel tormentone più accreditato – piuttosto che per amor della Patria che prevedibilmente sarebbe finita in mano ad avversari ben più temibili del temibile Renzi.

Alla luce di quanto si sta dibattendo in questi giorni, e di passate lotte fratricide a sinistra causa di devastanti crisi governative, resta aperta la questione serissima della condotta interna alle compagini politiche da tenere in caso di dissensi su linee programmatiche o comportamentali, se cioè debba prevalere la posizione maggioritaria a cui adeguarsi per senso di responsabilità o se praticare il dissenso sino a conseguenze estreme di rottura, secessione, disgregazione, in nome di un interesse superiore che si ritenga minacciato. Tutto si gioca però, drammaticamente, sulla fondatezza della minaccia.

5 commenti su questo articolo:

  1. francesca t. scrive:

    Condivido pienamente le tue riflessioni e la tua analisi. Mi auguro e spero che dopo i veleni, i complottismi, le minacce, le “dittature” intraviste se fosse prevalso il SI’, la barbarie dialettica scatenatasi sui social (a cui per mia fortuna e “igiene mentale” non attingo, né intendo farne parte..) ci sia dia una calmata e si guardi con lucidità e razionalità all’esito del referendum nella prospettiva di ricostruire a partire da quell’esito indicato da quanti e quante hanno votato e non ci si abbandoni, ancora e sempre, all’abusata e logorante polemica tout court, distruttiva e per molti aspetti “qualunquista”. La sinistra trovi un’intesa dalla quale ripartire e nella quale riconoscersi.

  2. Marina scrive:

    Francesca auspica lucidità e razionalità. Il punto è proprio qui:
    Oggi , vige il “con me o contro di me” e non c’è più spazio per la lucidità e la razionalità.
    Voltaire, ritorna !

  3. Rita scrive:

    A proposito del “non eletto”, mi sembra opportuno ricordare che nell’ultima tornata elettorale il PD aveva vinto le elezioni
    e quindi un rappresentante di questo partito aveva e ha fino a nuove elezioni tutti i diritti democratici di formare un Governo.

  4. Ugo scrive:

    Credo che il vero punto sia stato e resti il mancato accordo sulla legge elettorale tra i vari schieramenti del si e del no. tutti cercano una legge elettorale che continui a blindare il potere delle segreterie dei partiti nello scegliere i candidati, togliendo la sovranità popolare nel poter “SCRIVERE” IL NOME DI CHI SCELGONO DI VOTARE. Se ai dirigenti di partito gli viene tolto il potere di scegliere i candidati in totale autonomia, di fatto non avrebbero più degli alzatori di mano a comando in aula ma magari qualche testa pensante che si ricorderà delle migliaia di persone che hanno scritto il suo nome e che comunque la faccia è la sua e non del partito… questa è l’unica cosa che potrebbe migliorare veramente le cose. Un proporzionale puro a doppio turno. Per quanto riguarda il referendum dico solo che il 70% di quello che si proponeva di fare la riforma si può cambiare con legge parlamentare o regolamento interno alle camere perciò si potrebbe fare in qualsiasi momento.

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