in viaggio con Herta Muller

22 gennaio 2017 di: Marcella Geraci

Possiamo considerare l’emigrazione un’occasione di riscatto che è anche drammatica esperienza di straniamento? Possiamo farlo senza ricorrere alle immagini che mostrano i profughi in condizioni di miseria estrema, stretti nella morsa del gelo che attanaglia l’Europa in questi giorni? Possiamo perché le emigrazioni partono da luoghi diversi e abbracciano la storia dell’umanità, tempi antecedenti al nostro e una moltitudine di ragioni spesso dolorose.

In questo senso risulta illuminante il romanzo di Herta Muller In viaggio su una gamba sola, tradotto e pubblicato da Marsilio nel 1992. Pubblicato per la prima volta in Germania nel 1989, a ridosso della caduta del Muro, Reisende auf einem Bein è l’esperienza di fuga di Irene, che presenta molti aspetti della vita della Muller, scrittrice rumena di lingua tedesca vincitrice del Nobel nel 2009. Quella di Irene/Herta è la fuga da una dittatura che si trasforma in un esilio volontario mal vissuto tra scenari grigi di sale d’aspetto, stazioni ferroviarie e colloqui per ottenere documenti.

Una fuga che ricorda l’emigrazione della Muller nella Repubblica Federale tedesca a partire dal 1987, un viaggio su una gamba sola come se l’altra rimanesse nella terra d’origine nonostante il terrore per la Securitate di Ceausescu. E l’esilio non conduce mai la protagonista a vivere completamente nel paese d’accoglienza, cosa che spinge a riflettere sul significato dell’essere in un luogo. Quanto contano gli scenari di vita che ci portiamo nel cuore rispetto alle strade che percorriamo fisicamente e ai posti che fisicamente abitiamo?

«Quella notte Irene cadde dal letto. Non erano stati i sogni. Era l’altro paese, dove il letto di Irene stava attaccato alla parete lunga della camera. Qui il letto di Irene stava attaccato alla parete corta. Quella che nell’altro paese era la lunghezza del letto, qui era la sua larghezza. Poiché Irene nel sonno si trovò completamente allungata nella parte stretta del letto, cadde sul pavimento. Irene si spaventò. Accese la luce. A piedi scalzi si mise davanti allo specchio. Nello specchio la sua faccia non era ancora arrivata ed era gialla».

(traduzione di Lidia Castellani)

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