la locanda degli amori diversi

21 febbraio 2017 di: Anna Trapani

Una catastrofe per l’umanità. Così un noto prelato della curia romana, all’indomani della vittoria del sì in Irlanda ai matrimoni gay. Di sicuro il cardinale in questione trarrebbe giovamento dalla lettura di un romanzo che riscalda il cuore e ritempra lo spirito, come “La locanda degli amori diversi” della giapponese Ito Ogawa, che con dolcezza e passione al tempo stesso traccia il percorso accidentato di una famiglia “diversa” che deve confrontarsi con il mondo circostante, non sempre benevolo o comprensivo.

Saremo a un punto di svolta quando non dovremo più aggiungere “diversa” al sostantivo famiglia, ma si dirà famiglia e basta. Ma pare proprio che questi tempi siano ancora lontani sia in Italia che nella società giapponese. Qui da noi per suscitare curiosità più o meno morbosa nei lettori si sente a tutt’oggi la necessità di sconvolgere il titolo originario, per far presa sulla diversità. Il lettore poco avvezzo a manipolazioni del genere sarà scontento: non vi sono scene a luci rosse, né rapporti lesbici trattati con dovizia di particolari. La locanda del titolo è quella che Izumi, trentenne con un divorzio alle spalle e un bambino di sei anni, Sosuke, insieme alla giovane Chiyoko, adolescente lesbica figlia di un noto medico, mettono su in una località di montagna per vivere il loro rapporto nel miglior modo possibile, lontano dai genitori di Chiyoko contrari alla unione e dal mondo delle grandi città, nella maggior parte dei casi ostile nella ricercata indifferenza.

Ben presto ai tre si aggiungerà Takara, figlia della giovane Chiyoko che in un momento di disperazione, prima di incontrare Izumi, avrà un fugace rapporto sessuale con un suo coetaneo e resterà incinta. Nella locanda Arcobaleno, la famiglia accoglierà visitatori di ogni genere: etero, omo e trans, in una aria familiare piacevole e cordiale. La vita scorrerà serena tra piccoli battibecchi e allegria come è per ogni famiglia, ma la famiglia Takashima, così viene denominata la nuova formazione unendo parte dei cognomi di origine delle due donne, dovrà affrontare grandi tragedie che la colpiranno a fondo ma senza farla perire. Troverà in se stessa, proprio come succede in tutte le famiglie, la forza e l’amore per andare avanti. L’autrice crede indubbiamente nella forza catartica dell’amore, che ogni cosa sconfigge e di se stesso si nutre. Il racconto scorre via piacevole, dando a ciascuno dei personaggi la facoltà di narrare i fatti secondo la propria ottica. E così la voce narrante muta ad ogni capitolo, dando al romanzo una struttura plurale che lo arricchisce e lo rinsalda anziché sfaldarlo.

Nel capitolo in cui a narrare è la giovane Chiyoko, si trova questa intensa e realistica discussione tra lei e Izumi: «Ma non lo capisci? Bisogna urlare al mondo che esistono persone come noi, altrimenti non cambierà mai niente…..Dobbiamo smettere di nascondeci, è necessario far capire alla gente che siamo esseri umani come tutti gli alti. Se non alziamo la voce nessuno ci darà mai ascolto. Naturalmente sapevo fin troppo bene perché lei era di tutt’altro parere. Se avessimo alzato la voce per far conoscere la verità, di colpo gli altri avrebbero assunto l’aria di persone giuste e per bene e ci avrebbero guardato dall’alto in basso, come fossimo delle bestie rare. Né più né meno come aveva fatto mio padre dopo che gli avevo rivelato la mia omosessualità……….»

«Perché due donne non possono amarsi e stare insieme liberamente?………Due uomini o due donne che si vogliono bene sono così diversi da un uomo e una donna che stanno insieme?……..» Ma come diceva Einstein «è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio».

1 commento su questo articolo:

  1. Amalia scrive:

    Che confusione! Che confusione!

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