non è un paese per giovani, che difatti emigrano

24 aprile 2017 di: Daria D’Angelo

Viaggio come rito d’iniziazione alla vita che quasi sempre, poi, finisce per diventare un modo per conoscersi profondamente e rapportarsi a quella nuova immagine di se stessi che non sarebbe stato possibile scoprire senza aver percorso chilometri.

È a questo concetto che si è ispirato Giovanni Veronesi nel suo film “Non è un paese per giovani” passato da poco nelle sale cinematografiche. Un viaggio come tanti, compiuto da giovani alla ricerca del loro posto nel mondo.

Radici che si assottigliano, generazioni di padri e madri che non vedranno più il proprio figlio crescere a pochi chilometri da casa. Nel film viene scoperchiata la precarietà esistenziale, di cui sono, in parte, responsabili le sconfitte delle generazioni adulte che hanno preceduto i “fuggiaschi”. Insomma, il primo effetto spiazzante è quello di mettere in discussione la teoria dei “cervelli in fuga”. I supergeni che hanno ruoli dirigenziali a Capo Nord o a Boston, appaiono di sfuggita nei titoli di testa, con delle rapide immagini, ma è inutile cercare sempre conferma all’assunto “i migliori se ne vanno dall’Italia”, chiosato tragicamente dalle parole del ministro Poletti nel ruolo dell’infastidito saputello che Padoa Schioppa timidamente sfiorò col suo “bamboccioni”. Importante e meravigliosa, più di ogni altra cosa, è la tenacia di chi non vuole mai mollare, mentre un’altra faccia della medaglia, più difficile da accettare, mostra la fragilità umana e il desiderio di autodistruzione di fronte a situazioni difficili. Resta, infatti, fondamentale il ruolo della famiglia alle spalle, la famiglia perfetta può diventare un inutile albero di Natale illuminato e illusorio. L’amore genitoriale vince e fortifica i giovani quando è semplice e vicino a loro, quando crede in loro, quando si lascia “concepire” da loro. I ragazzi se lo porteranno dietro, qualunque sia la loro meta.

Emerge e vale la pena di riflettere su una verità, la più difficile da accettare: più di 100.000 ragazzi l’anno se ne va dall’Italia in silenzio, senza fare rumore. É un lento ma inesorabile esodo che porterà alla mancanza di tasselli fondamentali, in alcune generazioni del futuro. In questo momento l’Italia vive una difficile situazione per quanto riguarda l’immigrazione, che è divenuta anche uno specchio mediatico quotidiano per la miseria e le atrocità di alcuni posti del mondo da cui la gente scappa, ma si disinteressa totalmente di un altro aspetto che è, appunto, l’emigrazione dei nostri ragazzi, messi alle strette, obbligati ad andare a cercare i propri sogni all’estero.

 

 

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