sciuscià 2.0

1 agosto 2017 di: Rita Annaloro

Già prima di arrivare a Palermo sapevo dell’ultimo revival in centro, il ritorno dei lustrascarpe, simbolo di un glorioso passato cittadino, e non solo. Diversi echi e commenti credo abbiano accompagnato questa “riscoperta”, dal più caloroso benvenuto alla moderna rinascita di un antico mestiere, alla amara recriminazione per un abietto ritorno alle discriminazioni sociali.

Certo il servizio ora è più completo, prevede anche la riparazione, il ritiro a domicilio, include borse, cinture e pellami assortiti e naturalmente il sito Shoeshine 2.0 è accessibile da Facebook, Twitter, e gmail, ma mai avrei immaginato di sentire un accento milanese ai piedi della storica “cassetta”, dov’era assiso un vecchio palermitano evidentemente nostalgico dei “bei vecchi tempi”.

Possibile che quest’idea così “brillante” del recupero di un’antica tradizione sia venuta in mente solo ad un imprenditore “lumbard”? o l’asservimento calzaturiero cova anche in mezzo alle cellule di un Dna imbastardito? Certo in un’epoca di avanzata tecnologia più o meno alla portata di tutti sembra quasi strano rivedere questa antica figura sul marciapiede di Via Libertà, ma se pensiamo alla quantità di anziani che vivono da soli, o alle donne più o meno giovani alle prese con i bisogni sempre più complessi delle varie famiglie che accudiscono, ci rendiamo conto che il sorriso prezzolato di un lustrascarpe è un’opportunità in più di apprezzare la vita, come la spesa a domicilio o la “vita in diretta”.

In questo caso la vita è proprio lì, a portata di mano, anzi di piede.

 

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