l’equilibrista dei suoni

10 ottobre 2017 di: Grazia Fallucchi

Con Meccanica degli Avatar, si è ispirato a un madrigale del ‘400; con Meccanica dei riflessi e dell’amore – da Valdrada, una delle città invisibile di Calvino – è stato invitato al Rostrum, il megaconcorso per la musica contemporanea al quale partecipano le radio nazionali di tutto il mondo con un paio di compositori; nel 2018 sarà la volta di un’altra produzione, Meccanica della solitudine. E’ il ciclo di composizioni di Maurilio Cacciatore, il compositore tarantino che ha portato in Biennale Musica, insieme all’Ensemble Hanatsu Miroir, due spettacoli nelle serate del 4 e 5 ottobre. Laurea in Comunicazione internazionale, studi musicali in Svezia e in Francia, è stato  compositore in residenza dell’Ircam, l’importante Istituto di Ricerca per la musica elettronica d’avanguardia.

«Il pubblico più pericoloso è quello dei bambini», dice Cacciatore mentre guardiamo Punta della Dogana dalla terrazza di Biennale sul Canal Grande. Allude a La Vallée des Merveilles, l’opera multimediale – musica strumentale ed elettronica, video, voce recitante, danza – andata in scena il 4 ottobre al Teatro alle Tese, con una generale in mattinata dedicata a 400 ragazzi che partecipano al progetto Educational. La “Suite da camera per flauto, clarinetto percussioni e elettronica”, realizzata con l’ensemble Hanatsu Miroir è una riappropriazione e una rilettura di miti e leggende della valle del Massiccio del Mercantour (una sorta di non luogo al confine tra Italia e Francia), raccontate come una elegia alla libertà dai confini e nasce in effetti come uno spettacolo in più versioni linguistiche dedicato a un pubblico tra gli 8 e i 14 anni. Ancora agli studenti delle scuole medie a indirizzo musicale, durante un Atelier pomeridiano, Cacciatore ha spiegato come l’elettronica intervenga a cambiare i suoni degli strumenti e che cosa vuol dire mettere in interazione il computer con i microfoni.

Cacciatore non fa parte di Hanatsu Miroir, un gruppo a geometria variabile che unisce scenografie, arti plastiche e performance, ma la loro collaborazione non è occasionale.«La filosofia dell’ensemble è quella di collaborare con alcuni compositori a progetti che prendono forma collettivamente. Ci siamo conosciuti sui classici banchi di scuola, al Conservatorio di Strasburgo dove stavo studiando composizione. Il gruppo nasce da un amore, l’incontro tra la flautista Ayako Okubo e il percussionista Olivier Maurel ai quali si sono aggiunti nel 2010 gli altri componenti».

La sera del 5 ottobre, in un unico spettacolo in due parti, Hanatsu Miroir ha presentato Howling/Whirling di Kenji Sakai in prima esecuzione assoluta e Lost in Feedback di Cacciatore, per percussionista, performer e live electronics, dove i suoni e mezzi della musica techno sono stati piegati e trasformati dal compositore. Le due parti sono state legate in un cambio scena, a vista e nel buio rotto da piccole luci guida, che è diventato parte integrante dello spettacolo.

«Nell’estetica di Hanatsu Miroir c’è l’idea di fare performing art, non semplici concerti, quindi   ogni cosa che succede in scena diventa materia di spettacolo», sottolinea il compositore. Ma come è nato Lost in Feedback? «Da uno sbaglio: durante una sessione di prove sono andato nel panico perché ho perso il controllo dei microfoni; hanno cominciato ad andare in feedback e ho dovuto smanettare al mixer per cercare di controllarli. Poi l’idea: chissà se riesco a creare delle armonie che non siano aleatorie ma rispondano a quello che io voglio». In linguaggio tecnico si dice mandare in larsen i microfoni, spiega il compositore. Ma da questo errore nasce uno spettacolo affascinante. «Sono al mixer e al software come un equilibrista su una corda e senza rete, a cercare di tenere a bada i suoni». In palcoscenico vediamo un alter ego di Cacciatore, un equilibrista performer che mette in scena i suoni, muovendosi appeso in una gabbia dai contorni luminosi, mentre minuscole telecamere riprendono sia i suoi movimenti che le mani del vibrafonista sul palco o i pannelli con ombre cinesi. Stanno improvvisando? «Non proprio, la partitura permetterebbe di farlo ma le azioni
sceniche sono scritte, sopratutto per i cambi luce. E’ la concezione scenografica a dettare che cosa fare, anche se certamente il confine tra pezzo scritto e performance è molto sottile. Poco è delegato allo strumentista o al performer, tutto il lavoro di équipe è nella messa in scena». Il finale, silenzioso, vede un riflettore puntato su un timpano, mentre la luce via via si affievolisce sino a spegnersi. «Dal timpano passa tutto», dice Maurilio. Sembra una dichiarazione sibillina ma in realtà è il timpano ad essere per tutto lo spettacolo l’interprete nascosto: è la cassa di risonanza dei suoni che ascoltiamo, attraverso un altoparlante a contatto che trasmette l’onda sonora sulla sua superficie.

(Maurilio Cacciatore, Vallée de merveilles, Lost in feedback, courtesy La Biennale di Venezia – foto di Andrea Avezzu’)

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