nessuno può volare

27 febbraio 2018 di: Marcella Geraci

Ai “nessuno” come me, quando varcano la soglia di una libreria per starci mezz’ora in più, accade un fenomeno bizzarro. Davanti alla folla di nomi, titoli e trame siamo noi lettori comuni a decidere chi e cosa comprare e quindi a dare un giudizio, operare una selezione, stabilire una priorità. Alcune volte basta il colore di una copertina, una bella immagine, un titolo accattivante, un nome simpatico. Così uomini e donne con tanto di curriculum, esperienze e libri alle spalle diventano per noi quella massa informe alla quale spesso si ribellano nelle loro opere e siamo quindi noi a decidere chi vale molto e chi meno nella nostra vita. È inevitabile che questo accada anche se può sembrare un paradosso.

Sullo scaffale di una libreria, Simonetta Agnello Hornby era un nome che non mi diceva nulla o non abbastanza per acquistarne un romanzo. Proprio in questi giorni la Hornby ha presentato il suo ultimo libro a Caltanissetta, durante un incontro organizzato dall’associazione “Sicilia dunque penso” e per me è stata una scoperta, della donna e della scrittrice.

“Nessuno può volare” (Feltrinelli, 2017) è una bella storia a due voci, che di storie ne tira fuori altre. A scrivere infatti non è solo Simonetta Agnello ma anche il figlio, George Hornby ed entrambi si confrontano con la sclerosi multipla di cui George è affetto. Su questo tronco principale crescono altri rami: il piede caprino di Gesuela, antenata ottocentesca, la cleptomania di zia Rosina, le stranezze di Totò Signa. Il racconto biografico si anima di quei personaggi con caratteristiche mentali e fisiche proprie accolti con molto affetto dalla famiglia della scrittrice, che considera uguali ed importanti tutti i suoi membri. Nel libro c’è un piccolo mondo che ricorda il nostro: un mondo in cui esiste una diversità non sempre accettata ma spesso nascosta, rifiutata, disprezzata. Un mondo in cui esistono però anche persone che lottano affinché la propria condizione o quella dei propri cari venga alleviata e riconosciuta, in modo da poter vivere una vita piena. Perché se “nessuno può volare” come recita il titolo del libro, è invece possibile organizzarsi un’esistenza attorno ai propri limiti, vivendoli con la consapevolezza che averli non significhi per forza dover rinunciare alla felicità. E siccome i limiti li abbiamo tutti, cos’è in definitiva questo libro se non un richiamo alla condizione umana?

(nelle foto, l’autrice Agnello Hornby con la prof. Cettina Ginevra e il numeroso pubblico in sala) 

 

 

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