Emozioni, riflessioni e una sola domanda

17 maggio 2018 di: Sibilla Gambino

Quando la passione si trasforma in lavoro, anche il Salone internazionale del Libro di Torino diventa un’emozione. Un’emozione che sa di carta stampata, di visi stanchi, di vendite riuscite, di presentazioni senza respiro, di domande senza risposte. L’editoria, in crisi da tempo, combatte anche qui. In prima fila i Piccoli Editori, soldati ben corazzati, che l’anno scorso hanno tirato un sospiro di sollievo quando i dinosauri sono emigrati a Milano. Quest’anno hanno dovuto riprendere le armi. Feltrinelli, Mondadori, Rizzoli, Giunti e gli altri dinosauri sono tornati e da bravi mostri prepotenti hanno cacciato dal padiglione del salone chi aveva già comprato lo spazio per il proprio stand.

Piccoli Editori che dietro il sigillo del Fuis combattono una guerra impari, soccombono alla tirannia di colossi che occupano terre già occupate. Un panorama di guerra dove le vittime siamo tutti noi. Scrittori e lettori. Sull’altare sacrificale: la cultura. Perché è bene ricordare che per fare soldi occorre vendere ciò che è conosciuto, e purtroppo ciò che è conosciuto è ciò che è trasmesso in televisione e su youtube, insomma quello che pesca nei grandi numeri. I grandi numeri in Italia li fa la classe medio-popolare. E, infatti, eccoli: orde di numeri che invadono, al salone, gli stand dei soliti noti. Orde di numeri che bivaccano tra libri di attori e chef. Uno spettacolo da riviera romagnola in pieno agosto. Davanti a quest’amaro spettacolo la domanda si pone spontanea: care orde di numeri, cosa diavolo venite a fare al salone del libro se gli stessi editori li trovate con le loro librerie ovunque in città, ovunque in ogni città?

2 commenti su questo articolo:

  1. Daria DAngelo scrive:

    Assolutamente d’accordo con il tuo articolo.

    Sono stata anche io al Salone del libro con Carlo Saladino, mio editore e carissimo amico tre anni fa, e ho fatto le stesse riflessioni.

    • Rosalba Alù scrive:

      Non si può che concordare con Sibilla di cui ho anche visto l’intervista rilasciata al salone di Torino.Anche il volenteroso giornalista che conveniva con la scrittrice non credo abbia poi scritto, detto, confermato la ricchezza e la varietà che si trovano nelle piccole case editrici. Il mondo, le idee le esperienze territoriali si conoscono anche attraverso testimonianze letterarie il cui valore (eventuale certamente) nessuno mai di quelli che poi assegnano i premi prestigiosi, conoscerà, facendo così della nostra presente letteratura un ritornello riconoscibile e spesso molto piacevole ma senza i voli e gli accordi azzardati e geniali di Stravinsky per una svolta che dia senso alla scrittura e al talento

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