Sulle orme di Marco Polo

5 maggio 2018 di: Serena Germani

Partire da Venezia per arrivare in estremo Oriente passando per la trafficatissima via della seta: questo il viaggio ambizioso compiuto alla fine del 1200 da tre mercanti veneziani, Marco Polo, suo padre e suo zio, e riportato nel noto libro “Il milione” che Marco Polo scrisse durante la prigionia a Genova. L’autore, mercante e viaggiatore, voleva che il libro fungesse da manuale, da guida per altri che, come lui, avevano intenzione di scoprire il mondo; vi sono riportate tutte le meraviglie viste, ma anche descrizioni di luoghi e fatti di carattere fantastico. Il viaggio durò ventiquattro anni e il tragitto fu percorso a piedi e a cavallo: un modo di viaggiare sicuramente diverso da quello odierno, più lento, riflessivo, ed operativamente più difficile. Marco Polo visitò la Persia e l’Afghanistan, l’Asia centrale e il deserto dei Gobi, sino al Catai nella Cina del Nord, per giungere infine alla corte di Kublai Kan, il Gran Khan dei Mongoli, poi nel viaggio di ritorno le coste dell’Indocina e dell’India; un’impresa che a distanza di secoli resta memorabile. “Il Milione”, frutto di questa esperienza, ha avuto molto successo ed ha alimentato per lungo tempo la curiosità di viaggiatori e geografi, tanto che persino Cristoforo Colombo si procurò una copia del testo. A più di sette secoli di distanza, Michael Yamashita, uno dei più grandi fotografi del National Geographic, ha deciso di ripercorrere lo stesso cammino di Marco Polo e documentarlo in un grande reportage; la mostra fotografica, allestita presso Palazzo Blu a Pisa, ha grande impatto esperienziale ed ha come scopo quello di far rivivere l’epico viaggio. Complessivamente le immagini esposte sono 77, una serie di scatti straordinari dove scene di carovane di cammelli o monaci tibetani che Marco Polo potrebbe aver visto, si alternano a sequenze più attuali con kalashnikov e carriarmati. In mostra anche testi esplicativi, mappe, racconti audio ed oggetti d’arte e costume caratteristici dei paesi attraversati da Marco Polo. E’ facile immergersi in atmosfere di mondi a noi lontani “strade dell’Est d’immensi orizzonti/città nascoste di lingua persiana” come canta Battiato. Ciò che colpisce di più, e che il fotografo è riuscito a cogliere, è la trasformazione subita da alcuni luoghi, quanto la modernità abbia modificato alcuni paesaggi e modi di vivere e quanto invece altri siano rimasti intatti e abbiano conservato la loro identità. La foto di Piazza San Marco a Venezia, da cui tutto ebbe inizio, è esemplificativa di quanto il turismo stia rovinando una delle città più belle d’Italia: una nave da crociera occupa tutta la visuale del mare di fronte la chiesa. Donne irachene che si recano ad una cerimonia con i fucili, e soldati afghani che preparano il cannone e poco dopo si inginocchiano per la preghiera serale: identità e contemporaneamente difesa e guerra. Il fotografo racconta anche come, paradossalmente, Marco Polo ebbe meno difficoltà nell’attraversare l’Afghanistan, l’Iran e l’Iraq che ai tempi non avevano guerre in atto. Giunti alla fine del percorso, le fotografie più belle, dai colori vivaci, quelle dell’Estremo Oriente: Cina e Tibet. I paesaggi rurali cinesi, in tutti i toni del verde; le sconfinate risaie; il mare blu e la pesca tradizionale; le frenetiche metropoli popolatissime ed inquinate, dove agli antichi templi e ponti in pietra si affiancano alti grattacieli. Infine la vita di ritiro e meditazione dei monaci tibetani, monasteri e luoghi al di fuori del mondo e del tempo, che non hanno ceduto al cambiamento. Un viaggio fotografico che fa emozionare, capace di suscitare curiosità ed interesse; dietro ogni immagine ci sono storie di persone, culture, tradizioni, leggende. A volte sembra di percepire la distanza tra Oriente ed Occidente, nei paesaggi incontaminati, negli usi e costumi, nella religione; come hanno dimostrato Marco Polo e Yamashita, il viaggio è un’esperienza con cui si possono superare confini e pregiudizi, facendo tesoro di ogni singola esperienza, accogliendo i cambiamenti per poi condividerli una volta giunti al termine.

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