Tutto il mondo è scuola

30 ottobre 2018 di: Magdalena Marini
In alcune città d’Italia, a causa del maltempo, le ordinanze dei sindaci hanno disposto la chiusura
delle scuole per motivi di sicurezza. A destare preoccupazione la forte pioggia, il vento, gli alberi caduti, gli intasamenti dei tombini, le buche nell’asfalto e gli allagamenti dei sottopassi. Sui social si sono scatenate le manifestazioni di gioia, non solo degli studenti ma anche degli operatori e collaboratori scolastici e dei docenti. Una boccata d’aria in vista del ponte per la festa di Ognissanti e per la commemorazione dei defunti. Ma cosa avranno fatto tutti gli “utenti” della scuola rimasti a casa? Sicuramente avranno dormito qualche ora in più, anche per il ritorno all’ora solare
Qualche studente avrà magari approfittato della sospensione dell’attività scolastica per recuperare una lezione non adeguatamente approfondita, quasi tutti avranno comunque cercato di stare insieme, anche solo virtualmente, sui social… Per quelli della mia generazione nati a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60, i ricordi sono decisamente altri. Non possiamo più dire ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze quello che facevamo noi ai nostri tempi perché parliamo di un mondo non social e non tecnologico, a loro parere noioso e superato, insomma “preistoria”. Non ci resta che prendere atto della nuova realtà fatta di nuovi strumenti per favorire l’apprendimento e il successo formativo, considerando le reali attitudini di ciascuno e cercando di affiancarli costruttivamente nel loro percorso. Di recente ho cambiato sede di servizio per un trasferimento, ritrovandomi in una realtà scolastica nuova per me: spazi, colleghi, studenti, genitori, collaboratori, organizzazione interna.
All’inizio ho rimpianto la scuola in cui avevo lavorato per tanti anni: mi tornavano in mente tutte le faccette sorridenti o tristi o corrucciate che avevo lasciato. Nel giro di due mesi mi sono ambientata e vivo il mio lavoro come sempre, per quello che posso, con professionalità e serietà.
Mi sono resa conto che aveva ragione don Lorenzo Milani nella sua lettera a una professoressa, pag.41:
 “Le maestre sono come i preti e le puttane. Si innamorano alla svelta delle creature. Se poi le perdono
non hanno tempo di piangere”. Eccomi qua a scrivere di scuola e a pensare a quello che farò
domani con i miei ragazzi e le mie ragazze che non sono affatto miei, lo sono solo
temporaneamente, quanto basta…

2 commenti su questo articolo:

  1. Rossella scrive:

    Come è strano essere insegnante. Guardi negli occhi questi ragazzi e pensi ai tuoi figli. Automaticamente li ami ( certo non tutti) ma sai che è solo per un tempo breve e poi dovrai lasciarli andare via per accoglierne altri. Certe volte provi amore e soddisfazione certe altre rabbia e frustrazione. Intanto godiamoci questa vacanza inaspettata e prepariamoci ad un’altra battaglia.

  2. Nadia scrive:

    È vero. Solo chi fa questo lavoro sa cosa vuol dire avere a cuore, prendersi cura, preoccuparsi, pensarci, anche al di fuori dell’orario di servizio. Siamo chiamati a programmare, valutare, interessare, coinvolgere, ideare strategie per rendere il sapere un compagno di viaggio piacevole e coinvolgente. Peccato che la cronaca ci racconti solo gli episodi più spiacevoli. Ma la stragrande maggioranza dei docenti e dei discenti vive la scuola come luogo di apprendimento. Solo che non se ne parla…non fa audience

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