Sto pensando a me e a te.

27 novembre 2018 di: Giuditta Perriera

Sto pensando a tutte quelle bambine che vengono educate ad essere le seconde; a curarsi del loro aspetto fisico più che della loro mente; a volare basso o su un cavallo di un fantomatico principe che non esiste. Che finiscono per farsi guerra fra loro perché è ormai radicata, più o meno inconsciamente, la convinzione che per “valere” debba esserci un uomo che lo confermi. E allora la maggioranza usa l’unica arma che gli è stata concessa e insegnata: la seduzione. Oppure l’alternativa è diventare più stronze dei peggiori uomini. Ma in entrambi i casi, nascondono in se stesse una pesante frustrazione: quella di non potere essere donne senza una conferma del maschio. Sto pensando alle tante donne silenziose, che giorno dopo giorno vivono con senso di colpa la loro legittima scelta di avere delle soddisfazioni come persone. Sto pensando che la peggiore discriminazione è “sopportare” che le donne vogliano pari diritti. Sto pensando alle donne che hanno appoggiato le cause di tutti i più derelitti o emarginati sociali e che ciò viene visto come una naturale tendenza alla crocerossina; a tutte le madri che da sole hanno cresciuto figli, hanno sopportato soprusi e violenze e hanno continuato a proteggere. Sto pensando a uno stato cattolico che ha fatto da sempre della donna una costola dell’uomo e che può continuare a permetterselo perché in fondo, sono le donne che non vogliono e non possono negare la loro natura, che è fatta anche di tenerezza. Sto pensando al male che quotidianamente sono disposte a farsi pur di non smettere di amare; all’ipocrisia delle liste rosa; alla loro fede nel futuro; alla vita propria che darebbero in cambio di chi amano. Sto pensando che diamo tutto troppo per scontato. Soprattutto le donne.

Sono convinta che tutto ciò andrebbe ridiscusso fra le donne, prima ancora che con gli uomini. Ma sto pensando anche che le donne hanno conquistato negli ultimi 60 anni dei diritti, che la politica ora al governo, vuole nuovamente rimettere in discussione. Il “governo del cambiamento” sta cominciando il suo percorso di trasformazione sociale proprio dalle basi. Dalla differenza fra uomini e donne, prima ancora che fra esseri umani. E che se questo accade forse è anche perché noi donne non abbiamo abbastanza creduto e radicato quei diritti. E vedo stranamente, questo improvviso, spiazzante e pericoloso ritorno al passato, come una seconda possibilità per rimettere bene a fuoco l’identità femminile. Come un’occasione per contarci e prenderci per mano. Ci sono troppe donne ancora, che si sentono lasciate sole dalle altre donne e dalla società intera nella ricerca della loro indipendenza economica e sociale, nelle scelte che non vanno nella direzione degli stereotipi di madre e compagna. Non riusciamo ad uscire dall’utilizzo massiccio dell’immagine della donna come oggetto di piacere nella pubblicità o nei programmi televisivi di intrattenimento, ma anche al cinema o nelle serie tv. Sento una profonda tristezza nel vedere anni e anni di lotte di emancipazione femminile, ridotte ad un precario compromesso fra la propria libera affermazione e il ruolo di eterna madonna, madre e vestale del suo signore. Sto aspettando ancora che si materializzi quel concetto di sorellanza di cui fin da bambina ho sentito parlare. Sto sognando da una vita che il detto: “dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna” si trasformi in “dietro una grande donna c’è un’altra grande donna”. Sto lucidamente vedendo, adesso, il momento giusto per realizzarlo.

2 commenti su questo articolo:

  1. Margherita scrive:

    Purtroppo finché si continuerà a distinguere tra uomini e donne e non si comincerà a parlare di “persone” indosseremo sempre la maschera dell’ipocrisia e faremo sempre, inconsciamente, distinzione di genere. La storia insegna che si può essere una grande persona a prescindere dal genere.

  2. Accia scrive:

    Certo, Margherita ha ragione. Siamo tutti persone.. Ma anche individui, ognuno diverso, ognuno uguale, diceva la canzone. E rivendicare la propria diversità non è distinguersi, ma arricchirsi reciprocamente.

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