Un’assoluzione di speranza

1 novembre 2018 di: Daria D'Angelo

Asia Bibi, bracciante agricola del Punjab e madre di quattro figli, è stata denunciata nel 2009 da alcune donne di fede musulmana del suo villaggio. L’accusa a lei rivolta era quella di blasfemia per aver offeso il profeta Maometto durante una discussione. A scatenare la lite, un bicchiere dal quale Asia avrebbe bevuto senza averne il permesso perché cristiana e quindi impura. Condannata nel 2010 in primo grado alla pena di morte, nel 2014 perde il ricorso davanti all’alta Corte di Lahore, nel Punjab. L’esecuzione capitale è stata fermata dalla Corte Suprema nel 2015 che ha assolto la contadina cristiana accusata di blasfemia. L’assoluzione arriva perchè “ci sono contraddizioni nelle testimonianze”.

Sin dall’udienza dell’8 ottobre scorso i fondamentalisti hanno, però, messo in atto manifestazioni e campagne attraverso i social, contro l’assoluzione della “maledetta” Asia, invocandone l’impiccagione e minacciando di morte i giudici e chiunque l’avesse difesa.

I vertici del Tlp hanno invocato la morte del presidente della Corte Suprema Saqib Nisar e per Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel, i due giudici che hanno emesso la sentenza. I manifestanti si sono anche scontrati con gli agenti fuori dall’ufficio del capo della polizia della città.

Fra coloro che sono andati a trovarla in carcere, anche il cattolico, Shahbaz Bhatti, allora  ministro per le Minoranze, e il governatore del Punjab, Salman Taseer, musulmano, che si erano opposti alla legge sulla blasfemia. Per questo, hanno pagato con la vita: uccisi, nel 2011, a pochi mesi l’uno dell’altro. “Un musulmano e un cristiano, che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza”, diceva Asia nel libro “Blasfema”, scritto nel 2011 assieme alla giornalista francese Anne-Isabelle Tollet.

La cancellazione della condanna a morte di Asia Bibi è una grande gioia per noi e una grande speranza per il Pakistan e per le minoranze. La notizia è stata accolta con grande gioia nel mondo.

Lo stesso capo della Corte Suprema, Saqib Nisar, di religione musulmana, ha dichiarato: “Noi siamo obbligati, dalla fede, a difendere le persone più deboli e non a ucciderle o discriminarle”. Parole di grande civiltà ed equilibrio in un paese in cui ora ci sono timori di una ripercussione contro i cristiani.

Questa grande battaglia oggi ha portato un risultato importante, un segnale indelebile che ci aiuta a credere in un futuro migliore per il Pakistan e per il resto del mondo.

 

 

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