Buon Anno

2 gennaio 2019 di: Daria D'Angelo

Ci auguriamo tutti Buon anno, anche se, a ben pensarci, non sarebbe aria, soltanto un pazzo si azzarderebbe ad augurare buon Anno credendoci, di questi tempi.

Oggi bisogna essere arrabbiati, rancorosi, cattivi. Invidiare la felicità degli altri è diventato più facile che perseguire la propria, così come essere ostile e ironico verso tutto ciò che sa di buoni sentimenti. La gentilezza è diventata qualità dei deboli, la bontà degli ipocriti.  Da poco è passato Natale, ce ne frega se è la festa della famiglia? se è nato Gesù? No, l’argomento più attuale è se nelle scuole si deve fare il presepe, ma serve solo a innescare piccole micce d’odio razzista, purtroppo.

La festa, invece, si presta a essere sbeffeggiata. Nessuno si pone remore nel raccontare che i regali sono una tortura, i pranzi con i parenti un tormento, l’esibizione di pulsioni amorevoli una costrizione imposta dal calendario.  Gramsci scriveva “… odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito”

In realtà ci piace credere che tra un anno e l’altro ci sia una soluzione di continuità e che incominci una “nuova vita”. Forse abbiamo bisogno di mettere il punto, ogni tanto. E forse, senza perdere l’idea della continuità e senza sperare invano in grandi cambiamenti e nella fortuna dovuta al caso, sentiamo, più semplicemente, il bisogno di credere in qualcosa di apparentemente scontato, ma veramente impopolare.

Ci sfiora l’idea che alla fine, a dare la felicità non sono tanto i soldi e il successo, ma è la qualità delle relazioni umane. Se anche assumiamo l’atteggiamento di persone “superiori” alle tradizioni che sopportano le feste, “santificarle” fra la tortura dei pranzi con i parenti e il tormento dei regalini ci ricorda, in fondo, che solo chi ha saputo curare i rapporti affettivi ha vissuto meglio e persino più a lungo rispetto a chi li ha sacrificati sull’altare dell’ego.

Non perdiamo di vista questa sottile verità. E …Felice 2019 a tutti !

 

2 commenti su questo articolo:

  1. Gemma scrive:

    Effettivamente il comune denominatore è che portiamo avanti feste stereotipate mentre arriva aria piuttosto fredda sul nostro Paese. Qualcuno ha detto che festeggiamo per dimenticare la vita che non ci piace. Ma perché non ce la facciamo piacere questa vita? Perché continuiamo a fare tutto per inerzia per poi augurarci una vita nuova, diversa…le cose non cambiano senza il nostro contributo. Mi associo all’ augurio che sia un anno felice e vissuto con maggiore consapevolezza e serenità d’animo.

  2. Anna scrive:

    E’ vero, durante le feste chi è solo si sente ancora più solo, chi si sente inadeguato ancora più inadeguato, i conflitti sopiti si risvegliano, le fratture raramente si ricompongono. L’effetto è che a molti la propria vita piaccia ancora meno così com’è, meglio la routine feriale quando ci alziamo andiamo a lavoro e vivendo in modo più o meno automatico facciamo a meno di pensare. Eppure scambiarci degli auguri può significare che tante opportunità sono ancora aperte. Se muore la fiducia nel futuro, e la speranza in ciò che potremo realizzare con il nostro impegno e le nostre energie, è la cosa peggiore.

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