Società dell’eccesso e dell’isolamento

12 gennaio 2019 di: Ornella Papitto

La visione di un piatto di pasta consumato ancora a metà e la sottolineatura dei due chili di quantità mangiata sfidando i rischi e la pinguedine ci dà la misura dell’esibizionismo, dell’esagerazione, dello spreco e dell’eccesso spudorato, senza pudore, rispetto a chi, a tavola, non ha quasi nulla da mettere.

Sì, perché in Italia, le politiche pubbliche di sicurezza sociale non hanno inciso nelle condizioni di povertà di chi continua a rimanere ai margini, deprivato delle opportunità derivanti dall’istruzione pubblica; della possibilità di curarsi bene; deprivato di un lavoro dignitoso e anche della possibilità di tessere buone relazioni sociali. Un autentico disastro ma, chi mangia senza pudore due chili di pasta, neanche lontanamente fa spazio nella propria mente e nei propri sentimenti a chi, quella quantità di pasta, non riesce nemmeno a comprarla. Silenzio. Occorre silenzio, pudore e rispetto per quegli italiani in stato di povertà concreta, reale, abbindolati dagli imbonitori di turno che promettono l’eliminazione della povertà come se la stessa avesse origini soltanto nella mancanza di un reddito minimo per sopravvivere. La povertà ha radici profonde e altre sono le azioni per tentare di ridurla.

Politici non corretti, inaffidabili, venditori di illusioni ed è già da più di venti anni che assistiamo all’imbroglio delle promesse non mantenibili eppure gli italiani poveri e anche gli italiani benestanti cadono nella trappola delle illusioni, affascinati, ammaliati dal Pinocchio di turno.

È da poco passato il Natale, con il suo carico di doni superflui e con il carico d’ipocrisia dei sentimenti, gli acquisti hanno allontanato la malinconia e l’isolamento per qualche ora, tranne poi ripiombarne qualche minuto dopo, circondati dal carico d’inutilità. Gli acquisti, in questa società obesa, eccessiva, danneggiata dal colesterolo e dalla depressione, non calmano il senso d’isolamento, d’inquietudine e d’irrequietezza di chi acquista per far credere a sé stesso di stare bene e di far stare bene chi riceve la quota di superfluo, illudendosi.

No, il senso d’isolamento non si supera né acquistando materiale insignificante o anche di valore né rimpinzandosi di dannose calorie. Si può tentare di superare quell’isolamento, che va oltre “La solitudine del cittadino globale” dice Z. Bauman, cercando invece di essere autenticamente vicini a chi desideriamo donare la parte migliore di noi e anche il nostro tempo e la nostra attenzione.

2 commenti su questo articolo:

  1. Gemma scrive:

    Abbiamo bisogno di riproporre una umanità scomparsa come facciamo con l’abbigliamento, l’arredamto, la musica. Dobbiamo comprenderci, ascoltarci, accorgerci degli altri, cambiare le cose a partire da ciascuno di noi. Sembra retorica ma abbiamo perso il piacere dello stare insieme, non ci fidiamo più di qualcuno che possa farci uscire dalla nostra solitudine perché percepiamo che è più solo di noi e che probabilmente non ha strumenti per aiutarci…

  2. Accia scrive:

    Da un po’ di tempo più che invecchiata, mi sento a passata di moda, come tutta la mia generazione.
    Vero è che pensavamo di cambiare il mondo e ci ritroviamo con un razzista e un analfabeta al governo…ma il nostro stare insieme, la nostra fiducia nell’altro, i nostri valori di solidarietà e bisogno di giustizia restanp intatti. Allora, come dice Gemma, rimettiamoci di moda. E viva il “vintage” !

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