La scuola giurassica e i tempi che cambiano

14 febbraio 2019 di: Magdalena Marini

Daniele Silvestri è tornato a Sanremo con il brano “Argento vivo”, una canzone che tratta di un adolescente che ha perso il contatto con la realtà, vive una vita costretto a stare seduto per ore, sia a scuola che a casa, come se stesse vivendo in carcere. Ciascuno di noi è andato a scuola e conserva nella memoria le immagini di aule, grembiuli, banchi, compagni, insegnanti, gite, interrogazioni, compiti in classe, fogli protocollo…Tutto questo e molto altro appartiene alla scuola giurassica, la scuola di tempi che non torneranno più. Cattedre con il piedistallo, cartine geografiche alle pareti, cartelloni, sono ormai reperti archeologici, pezzi da museo. La scuola è cambiata. L’inseparabile registro cartaceo che i docenti custodivano nei cassetti, i quaderni, i libri, sono andati in disuso. La LIM ha sostituito la vecchia lavagna di ardesia. Ora non ci si sporca più di gesso, c’è tanto spazio a disposizione e la possibilità di salvare una lezione. Lo schermo può essere utilizzato per vedere film, documentari, immagini presentazioni di lezioni. Il diario? A che serve? Gli alunni e i genitori attenti possono controllare sul registro elettronico compiti assegnati, voti e circolari, non necessariamente da un pc, basta un cellulare, di quelli che ormai sono alla portata di tutti e che sono diventati un’appendice degli esseri umani. Impresa ardua quella di proibirne l’uso a scuola. Gli alunni non riescono a capire per quale motivo separarsene se, in molti casi, gli adulti non sono d’esempio… Capita sempre più spesso che le richieste dei docenti non risultino chiare per gli studenti delle nuove generazioni perché è diverso il modello organizzativo mentale, sono diverse le modalità di apprendimento e le tecniche metodologiche. Si tratta, come canta Daniele Silvestri, di “argento vivo”: – E qui dentro si muore. -Questa prigione corregge e- Prepara una vita -Che non esiste più da -Almeno vent’anni -A volte penso di farla finita -E a volte penso che dovrei vendicarmi- Però la sera mi rimandano a casa -Lo sai -Perché io possa ricongiungermi a tutti i miei cari -Come se casa non fosse una gabbia anche lei -E la famiglia non fossero i domiciliari…

La famiglia e la scuola sono le agenzie educative e formative che oggi, più che nelle precedenti generazioni, richiedono attenzione e, nel caso dei docenti, una seria preparazione professionale, competenze psicopedagogiche e burocratiche e una grande flessibilità. Non ci sono più programmi da “imporre” a tutti ma indicazioni programmatiche adattabili ai vari casi di alunni con Disturbo di Apprendimento o con Bisogni Educativi Speciali, sempre più certificati, com’è giusto che sia…Gli insegnanti hanno la consapevolezza di dover ormai ricorrere alla tecnologia e alla psicopedagogia in una scuola che non è più quella di vent’anni fa. Tuttavia, dovendo valutare il comportamento degli alunni, si accorgono che proprio quella tecnologia, li sta spersonalizzando e rendendo sempre più pigri, spesso incapaci di competere con situazioni nuove se non supportate da uno strumento tecnologico o dall’aiuto di un adulto.  Forse la scuola giurassica sapeva insegnare il giusto da fare in situazioni nuove pur non avendo sempre tutti gli strumenti necessari a disposizione. Nella vita non è sempre detto che basti un click o un touch…Forse gli adulti di ieri erano figure di riferimento consapevoli…Forse… Sta di fatto che molti adolescenti oggi si chiudono, si sentono soli e smarriti, cantano la loro disperazione e non vogliono imitare gli adulti…Il protagonista di “Argento vivo” sente di vivere come un carcerato in una società fatta di smartphone e relazioni virtuali, una sorta di gabbia d’oro dalla quale non trova il coraggio di uscire per prendere il volo, per vivere una vita reale.

8 commenti su questo articolo:

  1. Felicia scrive:

    Molto bello l’articolo, devo dire la verità, anche se non ho mai ascoltato la canzone di Daniele Silvestri. Però provvederò! Penso che, come in ogni cosa, ci siano lati positivi e negativi di queste innovazioni….anche se penso che ritornerei volentieri alla vecchia scuola.

  2. Marzia scrive:

    Ci sarebbe molto da dire. Non sono d’accordo su tutto, ma è sicuramente molto interessante. Le epoche di transizione sono sempre difficili e piene di incertezze.

  3. paola scrive:

    Ho avuto tre figli, due hanno 47 anni e mezzo, la prima e 46, il secondo. La terza ne ha 32, quindi c’è una notevole differenza tra di loro. L’educazione, sia a casa, sia a scuola, è stata la stessa, forse ” antica”? I risultati, sono stati positivi, ma ciò è dovuto anche dalle persone che hanno avuto la fortuna d’incontrare, durante la loro vita. ( nonna Paola )

  4. Vittoria scrive:

    Articolo spettacolare!!! Mi ha commosso!! Lo leggerò oggi ai miei ragazzi, sperando di farli ulteriormente riflettere!!!

  5. Rita scrive:

    ho letto un titoletto sulla Repubblica, secondo cui sarebbe stato autorizzato dal MIUR
    un corso per esorcisti agli insegnanti. Che peccato essere in pensione

  6. Filomena scrive:

    Vorrei tanto tornare indietro. La scuola di una volta forse era un po’ esagerata come punizioni, ma formava “Persone”. Oggi, invece, ci ritroviamo a scuola a dover insegnare a ragazzini che pretendono di avere sempre ragione e i genitori li giustificano e li difendono. Amo il mio lavoro però sono stanca…

  7. Giovanni scrive:

    Il problema reale di questa situazione è il seguente: l’adattamento tecnologico è, purtroppo o per fortuna, imposizione forzata. Se vuoi sopravvivere nella società o “rimanere connesso” nella società riguardo ciò che accade e ci circonda, è necessario essere presenti su internet, direttamente o indirettamente. La verità , in questo contesto, è purtroppo nel mezzo: ci si ritrova dentro le scuole con i professori che erano da una parte, e i ragazzi che sono e saranno d’altra. In questo senso difficile trovare un punto d’incontro. Di conseguenze presumo che si debba trovare un compromesso forzoso nel quale i professori si debbano effettivamente adattare ma anche questi ragazzi devono capire che al di fuori di quel telefono c’è una realtà che deve essere vissuta e interpretata e non rifugiarsi in quel telefono. Se avessi potere discrezionale, proporrei l’accantonamento del telefono all’inizio della giornata scolastica dentro una cesta ed il ritiro dello stesso quando si esce: magari in quelle 5 ore questi ragazzi potranno apprezzare meglio le cose e parlare con i professori e tra loro “forzosamente” di più.

  8. Gabriele scrive:

    Spettacolare: commentare ciò che è stato (spesso dicendo che era meglio!) però sfruttando l’energia del presente tecnologico!

    Attenersi alla realtà e vivere insieme quello che ci circonda.

    La scuola non deve banalizzarsi e insegnare. Insegnare che?
    La scuola deve vivere nel giorno che esiste, ogni giorno unico e irripetibile!

    Se oggi serve fare l’alfabeto si fa l’alfabeto.
    Ieri serviva imparare il taglio e cucito.
    Domani servirà imparare a dialogare con i robot.

    La scuola deve servire a quello che serve (nel momento che si sta vivendo!)

    ☮️ PACE E BENE A TUTTI!

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