Suicida perché respinto

23 febbraio 2019 di: Francesca Traina

Si è parlato troppo poco della tragica sorte di Prince Jerry Igbinosun, 25 anni, originario della Nigeria. Il suo suicidio resta inciso a lettere di fuco nella Storia di una vergogna che porta un nome “rassicurante”: Decreto sicurezza.

Era arrivato in Italia dopo due anni di viaggio precario e faticoso. Aveva in tasca una laurea in biochimica ed era carico di speranza. Avrebbe voluto continuare gli studi in Italia per conquistare un posto nella società e nel mondo del lavoro. L’unico modo per arrivare nel nostro paese è stato quello di affidarsi agli scafisti e tentare la pericolosa via del mare. Era sopravvissuto al deserto, agli aguzzini libici e alla traversata del Mediterraneo. Per due anni e mezzo aveva atteso la delibera della commissione preposta a esaminare la sua domanda d’asilo. Respinta! Respinta in nome della “sicurezza” che con la presenza di Prince, sul nostro territorio, sarebbe stata in grave pericolo perché, chissà, il ragazzo avrebbe potuto essere potenzialmente uno “stupratore”, un “ladro”, uno “spacciatore”, un “terrorista”…

A sentire il racconto di quanti lo conoscevano, Prince era un ottimista. Pensava di trovare a Genova un luogo amico dove vivere, studiare e lavorare. In quella città inizialmente era stato accolto in un appartamento dell’arcidiocesi, poi al d infine a Multedo.

Di lui si dice che fosse un ragazzo preciso e diligente. Non aveva avuto mai contrasti con gli altri ospiti della struttura o con gli operatori. Aveva imparato un ottimo italiano grazie all’impegno nelle tante attività a cui aveva preso parte nell’attesa dell’esito dell’estenuante iter di accettazione della domanda d’asilo.

Era stato anche volontario alla Comunità di Sant’Egidio: era riuscito a svolgere ben tre borse lavoro tra le quali una con lo “Staccapanni” della fondazione Auxilium. “Un ragazzo modello” dice di lui Omar Jallow, suo coinquilino, che lo aveva incontrato la settimana prima del suicidio. Gli aveva confessato di essere certo dell’accettazione della richiesta di asilo. Purtroppo la disperazione, dopo il rigetto dell’istanza, lo ha indotto al gesto estremo.

Forse, Prince, avrebbe potuto presentare ricorso, chiedere la protezione umanitaria, un permesso temporaneo che però il decreto sicurezza, voluto fortemente da Salvini e dal governo giallo-verde, ha spazzato via.

Oggi è oltremodo importante ricordare il sacrificio di Prince Jerry per invitare, chi governa, a ritrovare la “pietas”, l’humanitas, gli alti valori etico/culturali fondanti la nostra Storia soggettiva e collettiva che sono stati del tutto dimenticati. Chi governa dovrebbe, e non lo è, essere capace di ascoltare e di stare vicino ai più fragili, a coloro che fuggono dalla miseria, dalla guerra e da condizioni esistenziali inimmaginabili.

Quel che resta del corpo maciullato del giovane finito sotto un treno, ennesima vittima del clima di ansia, di odio, di abbandono e insicurezza che respiriamo e che vivono i richiedenti asilo in Italia, rappresenta uno dei sacrifici più crudeli “offerto” al mondo, alla società, alla politica che finiranno, la Storia lo insegna, per essere travolti dai loro stessi demoni.

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