La scuola come vorremo che fosse
Piero Angela, il più noto divulgatore scientifico, in alcune recenti interviste ha detto: “Ho scritto i libri che avrei voluto leggere e ho fatto i programmi che avrei voluto vedere”. E ancora: “Se una persona ha titoli di studio non vuol dire che sia colta. La scuola per me è sempre stata di una noia mortale, una punizione. Se fossi un insegnante farei quello che faccio in TV”.
Quanto affermato dal grande giornalista, scrittore, autore di programmi di successo, ha un grande significato pedagogico. Gli alunni oggi fanno mille domande. Non sono tutti disinteressati come quelli che la cronaca racconta… La curiosità e le richieste di saperne di più rispetto a tante nozioni che le loro giovani menti acquisiscono, spesso frettolosamente e superficialmente, riguardano tutti i settori del sapere e animano quotidianamente le lezioni scolastiche. È comprensibile che una lezione venga interrotta da una richiesta di chiarimento o di approfondimento perché gli insegnanti sono, nonostante tutto, coloro che, presumibilmente, sanno dare le giuste risposte alle tante curiosità che frullano in quelle vivaci testoline. Nessuno è in grado di insegnare tutto ma è possibile guidare i propri alunni e aiutarli a sviluppare autonomia di pensiero e capacità di risolvere situazioni problematiche. Il ruolo della scuola non è insegnare “cosa” pensare ma “come” pensare.
Quante domande che avremmo voluto fare ieri ai nostri insegnanti non sono state formulate, per timidezza, per insicurezza, per timore di sbagliare o di dire una corbelleria o prevedendo un rimprovero per aver interrotto una lezione cattedratica in modo inopportuno. La risposta l’abbiamo poi cercata sui dizionari, sulle enciclopedie o confrontandoci con chi sembrava saperne più di noi… Non ci aspettiamo che oggi le alunne e gli alunni consultino enciclopedie e che confrontino testi scolastici e libri presenti nella biblioteca o nella libreria di famiglia. Oggi hanno a disposizione tutti gli strumenti tecnologici che permettono di trovare risposte immediate ai vari perché. È bene però che la scuola insegni ad utilizzare in modo appropriato smartphone, tablet e personal computer per raggiungere l’obiettivo “conoscenza”, non trincerandosi dietro un modello educativo ormai superato.
Sono d’accordissimo anche se tra il dire e il fare, si sa bene, c’è di mezzo il mare!!
Il metodo di insegnamento fatto di libri, enciclopedie e strumenti annessi sembra essere davvero ormai superato, come detto dall’autrice dell’articolo. Gli studenti hanno perso l’interesse, la curiosità e soprattutto LA VOGLIA di sfogliare un libro. Tuttavia ritengo in ogni caso che una buona lettura di un volume di narrativa o di qualsiasi altro testo scolastico sia ancora fondamentale per l’istruzione. Solo con un libro di testo lo studente può essere ancora in grado di scrivere un tema (sempre se questo serva ancora) perché solo leggendo imparerà a scrivere e a comprendere analisi logica, periodi, locuzioni e la fluidità, coerenza e filo logico di un discorso. Fino a quando continueranno ad appellarsi a blog fatti di commenti sgrammaticati, periodi ridotti all’osso fatti di soggetto-predicato verbale- complemento oggetti, lo studente non potrà mai più imparare a scrivere.
Dunque ben venga la tecnologia ma non si deve perdere di vista l’obiettivo: saper scrivere e saper argomentare. Con Wikipedia et simila non possiamo andare avanti.
Giordano
Concordo con Piero Angela Mi piacciono i suoi programmi e quelli del figlio Alberto. Ho visto il programma dedicato a Pompei e mi sono appassionata tantissimo. Ho pensato che sarebbe giusto portare i propri figli a visitare dei luoghi di interesse culturale per vederli con i propri occhi. Non sono d’accordo sull’uso dei tablet a scuola. Amo leggere i libri.
“Scuola la è chi la scuola la fa.” (semicit.)
La scuola dal greco “skholḗ” si traduce letteralmente come “tempo libero” nello specifico dedicato allo svago della mente.
La scuola può essere come vorremmo che fosse: è importante dialogare riguardo le ESIGENZE!
Se gli alunni non parlano gli insegnanti potrebbero partire per la tangente e NON COGLIERE DESIDERI.
Se gli insegnanti non indagano cosa c’è nel cuore degli alunni, potrebbero perdere di vista il bene degli alunni, perdendo di vista lo svago della mente.
La cultura deve rendere liberi, essere svago!
E allora facessero tutti quello che vogliono: enciclopedia o wikipedia, libri o audiolibri, professori o intelligenze artificiali robotiche.
Che ognuno si crei il proprio percorso di svago a seconda delle proprie attitudini e nel rispetto del tempo che vive!
concordo con l’obiettività del pensiero espresso dall’autrice dell’articolo, anche perché vivo quotidianamente a contatto con adolescenti, dai 14 ai 20 anni,che incarnano in pieno quanto appena letto….
ahimè sono un’ istitutrice “vintage” e, come tale, aborrisco quanto di tecnologico c’è nel mondo della didattica. Lavoro in un’istituzione educativa che pullula di lavagne LIM, progetti impregnati di internazionalità…offerta formativa ai massimi livelli, per carità, ma per assaporare la “linfa” di tutto ciò, ci vuole sforzo, fatica, spirito critico…faccio fatica,al pomeriggio, a far desistere i ragazzi dall’uso di cellulari..a volte sono pure costretta a essere alquanto brusca nel sequestrarli….non appena li si allontana da quegli strumenti, pian piano si nota un miglioramento nella concentrazione e nel rendimento….
I modelli educativi bisogna attualizzarli, concordo, ma dovrebbero essere le qualità umane e culturali dei “passeur”, dei veicolatori di cultura, per dirla con Daniel Pennac, a renderli più accattivanti e avvincenti, non strumenti tecnologici come tablet, pc o smatphone…
Credo che il fine ultimo della scuola sia dotare ciascuno di quel bagaglio culturale necessario per affrontare, interpretare, capire i fenomeni complessi della realtà, per non essere oggetti passivi ma soggetti attivi in grado di interagire e fare sempre scelte personali ragionate e ragionevoli in modo indipendente e consapevole. Certamente la realtà ed i contesti in cui viviamo oggi sono in costante e rapida evoluzione per questo più che mai è necessario un approccio duttile al sapere ed alle conoscenze.