Via…….gli zingari

15 maggio 2019 di: Clara Margani

A Roma nel Rione Monti ci sono una strada e una piazza che si chiamano degli Zingari. Presero questo nome dalle carovane di zingari che affluirono a Roma a partire dal 1600 e che si concentrarono soprattutto in questa zona della città. Gli uomini fabbricavano pentole e stoviglie di metallo, mentre le donne andavano in giro a leggere il futuro sulle mani dei passanti in cambio di offerte.

In particolare  a via degli Zingari si trova una lapide su cui è possibile leggere questa scritta: “ Il Comune di Roma, L’Opera Nomadi e la Comunità Ebrea posero a perenne ricordo dei Rom, Sinti e Camminanti che insieme agli ebrei perirono nei campi di sterminio ad opera della barbarie genocida del Nazifascismo, perché questa storia non si ripeta più, per non dimenticare, per la fratellanza fra tutti i popoli. Roma 2001”. Sono passati solo diciotto anni dalla posa di questa lapide, ma la memoria si è persa, la storia si ripete anche se con una barbarie diversa e la fratellanza tra i popoli non si attua se non sulla carta.

D’altra parte l’atteggiamento ostile nei confronti dei nomadi ha radice nel Neolitico, quando quelli che si erano trasformati in sedentari temevano fortemente l’arrivo dei nomadi, che venivano a predare il frutto del loro lavoro agricolo. Quelli che avevano deciso di fermarsi in un territorio, e che a loro volta erano stati nomadi, odiavano quelli che ancora cacciavano e raccoglievano, perché adesso questi raccoglievano e cacciavano su un territorio che era diventato di proprietà di una comunità e poi più tardi di un individuo. Ricordiamoci che furono proprio i popoli nomadi a contribuire in maniera determinante alla caduta dell’Impero romano.

Per i nomadi il movimento è alla base della loro organizzazione sociale, hanno dovuto rinunciarvi e vivere in quelli che si chiamano campi, per fortuna non di sterminio. Ma non hanno rinunciato alla raccolta. In particolare i Rom si dedicano a raccogliere non più i prodotti che appartengono ai sedentari, ma i loro rifiuti con costanza e precisione sconosciute alle aziende preposte a questo servizio. Ma la loro colpa maggiore è quella di essere diventati cittadini dello Stato italiano e del Comune dove si sono fermati. Questo i sedentari non possono proprio sopportarlo e, fomentati da movimenti che si ispirano al citato Nazifascimo, impediscono loro l’assegnazione di una casa popolare e inscenano proteste violente in alcuni quartieri periferici della città.

E così mentre in una parte della città risuona il grido:”Via gli zingari!”, in un’altra zona una targa nella via con il loro nome li definisce come vittime degne di essere ricordate.

7 commenti su questo articolo:

  1. Noemi Massa scrive:

    Fa l’articolo il finale che è un po’ il motivo ricorrente di qualunque critica della politica italiana

  2. Rita scrive:

    il mondo è bello perché è vario, ma se si impongono nuovi abitanti in un quartiere
    chiamato “Casal Bruciato”, cosa ci si aspetta? Certo che la storia si ripete….

  3. silvia scrive:

    Tutto un quartiere in subbuglio per una, dico una sola famiglia di zingari? Sono queste le “invasioni” che temiamo? Ormai si è tanto diffuso il sentimento di sospetto/rifiuto del così detto diverso/straniero, la paura che venga a turbare il nostro ordine pubblico ed i nostri sonni tranquilli di coscienze addormentate… che la gente reagisce, come in un riflesso pavloviano, con un’alzata di scudi a difesa. Il condizionamento mentale a cui siamo stati sottoposti dunque ha funzionato!

  4. Maria Teresa scrive:

    Questi movimenti di ispirazione fascista si basano sulla paura che le persone hanno nei confronti di chi è diverso. E’ un sentimento che viene da molto lontano addirittura dal Neolitico e che ha portato gli esseri umani a compiere delle azioni terribili nei confronti di altri esseri umani, Mi vengono in mente i versi iniziali della poesia “Uomo del mio tempo” di Salvatore Quasimodo:
    Sei ancora quello della pietra e della fionda,
    uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
    con le ali maligne, le meridiane di morte,
    t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
    alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
    con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

  5. Franca scrive:

    Come sappiamo e come l’articolo efficacemente ci ricorda, il problema degli “zingari” ha origini molto antiche e profonde. Sarebbe essenziale che ciascuno di noi di fronte a queste situazioni non facesse “di tutta l’erba un fascio” e considerasse le peculiarità di ogni singolo caso.8

  6. Emilio scrive:

    Ho letto sul quotidiano La Repubblica la testimonianza di una giornalista, che ha assistito al pestaggio di una giovane zingara che aveva tentato di derubare un passeggero, il quale l’ha bloccata e poi l’ha violentemente picchiata, incitato dai presenti. Quando la giornalista è intervenuta per far cessare il pestaggio, gli astanti l’hanno pesantemente insultata e minacciata. Questa violenza non era organizzata ma esprimeva un generalizzato atteggiamento ostile anti-rom. Mi preoccupa il fatto che proprio, cavalcando questo atteggiamento, un movimento politico come quello di Casa Pound riesca a mobilitare un intero quartiere per ben due volte in funzione anti-rom, per impedire l’entrata di una una famiglia in un appartamento, regolarmente assegnato dal Comune in base ad una graduatoria.

  7. Simona Mafai scrive:

    Una deriva di odio che dobbiamo fermare. Oggi contro gl zingari, domani contro chi? Una immagine vergognosa pubblicata dai giornali il mese scorso: una donna (donna!) alla Magliana, quartiere di Roma non tanto di periferia, che impediva all parroco di consegnare un pacco di alimentari a una famiglia di zingari, gridando: “Prima ce lo dai a noi”. La donna era appoggiata (o insufflata?) da un gruppo di Casa Pound. Il parroco? Ha sospeso la consegna dei viveri.

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