Quando le donne si raccontano

21 luglio 2019 di: Rossella Caleca

Ho letto con piacere ”I racconti delle donne” a cura di Annalena Benini, libro che accoglie alcune  tra le più belle storie brevi  scritte da autrici di diversa nazionalità – tra cui prevalgono, e non dev’essere un caso, scrittrici di lingua inglese – tra la prima metà del ‘900 e i giorni nostri.

Ciò che caratterizza questa raccolta è il dispiegarsi di varie declinazioni delle soggettività femminili nelle relazioni, nelle ambizioni, negli smarrimenti, nei cambiamenti dei percorsi esistenziali, con la spietatezza della verità. Donne parlano di donne, spesso di sé stesse, con acuminata intelligenza, disincanto e ironia; Benini aggiunge, dopo ogni scritto, un commento che va oltre i consueti cenni biografici e bibliografici sull’autrice, cogliendo il fuoco della storia narrata e il nesso tra scrittura ed esistenza. Tra gli altri, mi ha particolarmente coinvolto un  breve saggio narrativo di Claire Dederer, scrittrice americana che si è interrogata sulla “mostruosità” di alcuni uomini di talento, artisti, scrittori, musicisti che “hanno fatto o detto qualcosa di orribile e hanno creato qualcosa di eccelso”, e sul rapporto delle donne con quegli uomini e le loro opere. Andando oltre, l’autrice riflette sulle donne di talento, che non hanno la possibilità, a  differenza di molti uomini, di avere  una moglie che si occupi delle incombenze quotidiane consentendo di dedicarsi totalmente alle opere, e sul confronto inevitabile per ogni donna che desideri creare qualcosa con la propria  “mostruosità”; che per le donne si ritiene, solitamente, consistere in un “non” relativo alle relazioni significative: non accudire, non prendersi cura, ignorare i genitori, i figli, il partner, in cerca dell’isolamento e della concentrazione. Riducendone la portata, si tratta dell’ egoismo che occorre per poter creare, senza il quale non si può condurre un’opera a compimento, e sul quale l’autrice s’interroga, confrontandosi con il comportamento dei “colleghi” uomini; e, di conseguenza, chiedendosi: “quanto devo essere egoista per diventare brava come voi?”

Domanda inquietante e necessaria.

 

6 commenti su questo articolo:

  1. Pina scrive:

    Credo che non si tratti di egoismo bensì di talento…. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano a riguardo Elsa Morante, Grazia Deledda, Matilde Serao…Forse a volte si vive con affanno. Il talento sta proprio nel saper coniugare la riflessione e l’azione, nell’ esprimere pensieri, idee e raccontare e mettere in primo piano personaggi e fatti reali o frutto di fantasia, con grande naturalezza e maestria, non mettendosi in competizione con gli altri. Preoccupiamoci di condividere le nostre idee con gli altri con coerenza e senso della realtà.

  2. Accia scrive:

    Si scrive per gli altri, si legge per se stessi. L’isolamento creativo è funzionale al desiderio di comunicare e non può in nessun modo essere egoistico.
    Al contrario della maggioranza degli uomini,, scrittori e non, le donne, scrittrici e non, hanno dimostrato di poter assumere pienamente il loro ruolo di madri e mogli, senza rinunciare alle loro ambizioni, nell’accezione originaria del termine.

  3. M.Maddalena scrive:

    Essere donna comporta una serie di esperienze che aprono una visione più ampia sulla realtà è che permettono di penetrare con maggiore profondità le sfumature degli esseri umani e del mondo che li circonda per poterne poi fare parte agli altri nella propria produzione letteraria. Se fossero egoiste le scrittrici, pur alle prese con tutto ciò che essere donna comporta, sarebbero anche più superficiali e meno riconoscibili…

    • :M.Maddalena scrive:

      La e accentata, non voluta, trattandosi di una congiunzione, è dovuta a un refuso da smartphone che causa involontari errori ortografici a chi scrive in fretta utilizzando questi strumenti tecnologici…essere donna vuol dire anche questo, scusarsi…

  4. Sara scrive:

    Ricordo con una certa simpatia le dichiarazioni di Alice Munro, quando vinse il Nobel per la letteratura. Con una sottile ironia ammise di aver iniziato a scrivere racconti solo perché non aveva tempo per scrivere niente altro, con tre bambine e le occupazioni da casalinga il suo lavoro veniva sempre interrotto. Già, il racconto può essere il genere letterario più adatto anche per quelle donne che hanno poco tempo per leggere!

  5. Ornella Papitto scrive:

    La concentrazione è un lusso e per l’uomo è la norma perché può tranquillamente scrivere non essendo obbligato a nessuna responsabilità quotidiana mentre la donna deve rubare il tempo, ritagliare spezzoni e frammenti di tempo e per poter scrivere liberamente e senza limiti, inutile nasconderlo, occorre essere benestanti, molto benestanti.
    L’uomo è riconosciuto scrittore mentre la donna è prevalentemente una sarta della scrittura. Aspetto momenti migliori per le giovani aspiranti scrittrici.

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