Amatissima Toni Morrison

10 agosto 2019 di: Daria D'Angelo

Toni Morrison, premio Pulitzer e premio Nobel per la letteratura nel 1993, è morta qualche giorno fa, il 5 agosto, all’età di 88 anni. È stata la prima donna afroamericana a ricevere il riconoscimento dell’accademia svedese. Molto riservata, diceva però della sua vocazione letteraria che “essere una scrittrice nera non è un brutto posto da cui scrivere. Non limita la mia immaginazione, la espande”.

Libro dopo libro, Toni Morrison aveva contribuito a espandere l’immaginazione, la comprensione di cosa significava essere donna, e nera, negli Stati Uniti. Aveva reso quell’esperienza – essere discendente di schiavi, parte di una minoranza povera ed emarginata – una riflessione universale sul potere e la disuguaglianza, partendo dal corpo e dallo sguardo: come guardiamo noi stessi, come lo sguardo degli altri ci costruisce e ci imprigiona.

Nella Lettura per la consegna del Premio Nobel la scrittrice ribadisce, ancora una volta, il significato profondo della letteratura nel mondo. Lo fa parlando del linguaggio, e del potere incredibile che esso ha nelle vite di ognuno:

“Il linguaggio oppressivo fa qualcosa di più che rappresentare la violenza; è la violenza; fa qualcosa di più che rappresentare i limiti della conoscenza; limita la conoscenza. Se è il linguaggio che offusca lo stato o il falso linguaggio dei media stupidi; se è l’orgoglioso ma imbalsamato linguaggio dell’accademia o il comodo linguaggio della scienza; se è il linguaggio maligno della legge senza etica, o il linguaggio fatto apposta per discriminare le minoranze, nascondere il suo razzistico saccheggio nella sua sfrontatezza letteraria – esso deve essere rifiutato, modificato e palesato. È il linguaggio che beve sangue, che piega le vulnerabilità, che nasconde i suoi stivali fascisti sotto crinoline di rispettabilità e patriottismo e si muove in fretta e furia verso la linea inferiore e verso le menti inferiori. Linguaggio sessista, linguaggio razzista, linguaggio teistico – tutti sono linguaggi tipici della politica del dominio, e non possono, non permettono nuove conoscenze né incoraggiano il mutuo scambio di idee.”

Le parole di questa grande scrittrice risuonano quanto mai attuali e ci aiutano a riflettere in un momento in cui tutta la nostra attenzione è rivolta proprio a questo argomento così delicato che va approfondito sempre più, soprattutto alla luce del diabolico e improprio uso del linguaggio che va dilagando senza più controllo.

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