Donne: corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione

8 agosto 2019 di: Clara Margani

E’ questo il bel titolo intrigante di una mostra che si sta svolgendo a Roma nella Galleria d’Arte Moderna di via Crispi e che si concluderà il 13 Ottobre. Nelle sale è possibile ammirare circa cento opere tra dipinti, sculture, grafica e fotografia, che provengono dalle collezioni comunali e documentano attraverso le opere di numerosi artisti ed artiste l’evoluzione dell’immagine della donna dalla fine dell’Ottocento agli anni Settanta del Novecento.

La mostra si articola in sei sezioni: Amor sacro e amor profano, Il corpo nudo, Sguardi dell’anima, Mogli e madri, Identità inquieta, Donne non si nasce si diventa. Emblematica di questo percorso di trasformazione è l’immagine scelta come manifesto della mostra. Si tratta del ritratto di Elisa Marcucci, la moglie di  Balla, dipinta dal marito mentre si volta per guardare qualcosa o qualcuno dietro di sé. Il primo piano del viso illuminato della giovane donna emerge dalla scollatura dell’abito e del fondo entrambi scuri e racchiude un misto seducente ma inquietante di stupore, curiosità e ironia, un insieme non più solo da ammirare ma anche da temere.

Per la copertina del catalogo è stata scelta invece una foto in bianco e nero di tre giovani donne. Proviene dall’Archivio Storico Luce e s’intitola “Ragazze in posa. Concorso Miss Universo 1956”. Due delle giovani donne sono di spalle e una è voltata verso chi guarda in un atteggimento disinvolto ma interrogativo. Le donne contituano a guardare chi le guarda, ponendo interrogativi e creando una certa inquietudine, ma ecco che nell’ultima sezione della mostra le opere delle artiste performer della Body Art degli anni Sessanta-Settanta documentano il fatto che le donne si sono riappropriate del loro corpo e lo usano autonomamente per rappresentarsi.

La luminosità del volto e dell’abito della donna ritratta nel parco da Amedeo Bocchi nel 1919, la maternità sofferente di Luigi Trifoglio del 1921, in cui l’allattamento è rappresentato come un rito sacrificale e il ritratto di profilo di una donna matura con cappellino, un gelato da passeggio nella mano e una leggera peluria sul labbro superiore, eseguito da Ildebrando Urbani nel 1941, attirano in particolare l’attenzione di quattro visitatrici della mostra.

Ci sono andate in quattro, quattro amiche la cui differenza di età dalla più giovane alla più vecchia risulta essere di dieci anni. Sorprese ma lusingate, vista la loro età, dal complimento (“E si può rifiutare qualcosa a quattro belle ragazze!”) di un sorvegliante, a cui hanno chiesto se potevano fare delle fotografie senza flash, si muovono insieme nelle sale deserte, commentando tra loro le opere e fotografandosi vicino alle preferite in pose, che imitano la postura delle donne ritratte, scolpite, fotografate. Obbligatoria una foto a coppia sotto la frase di Simone De Beauvoir “Donne non si nasce si diventa”.

All’uscita tre di loro decidono di regalare alla quarta il catalogo per il suo compleanno. Facendo riferimento alla foto della copertina le scrivono come dedica la frase: “Voltati tranquillamente, noi ci saremo sempre”.

6 commenti su questo articolo:

  1. Mag scrive:

    Leggere questo articolo mi ha permesso di ripercorrere una mostra dedicata a chi, da sempre, riempie di bellezza e fantasia questo mondo al femminile in continua evoluzione, con tutte le sue sfaccettature, come una gemma preziosa . Grazie Clara

  2. Floriana scrive:

    Consiglio vivamente di andare a vedere questa mostra, che l’autrice dell’articolo ha descritto in maniera così accattivante e personalizzata. Io ci sono andata con un’amica ed è stata un’esperienza emozionante per entrambe.

  3. Accia scrive:

    Io sono la quarta. La mostra, il catalogo, ma soprattutto le amiche-sorelle mi danno la forza di vivere gioiosamenete, malgrado.

  4. Silvia scrive:

    Noi, ragazze degli anni settanta ci siamo ritrovate con leggerezza a reinterpretare la nostra stessa giovinezza

  5. Francesca scrive:

    Sono passata per Roma circa una quindicina di giorni fa e sono andata insieme ai miei ospiti a vedere questa mostra. Anche se l’autrice dell’articolo ha dato già una serie di informazioni e suggestioni su di essa, vederla di persona è veramente un’esperienza emozionante e sollecito chi si trova nella capitale ad andarci e a lasciarsi andare al piacere della bellezza e del significato delle opere.

  6. Gabriele scrive:

    Spinto dall’articolo di Clara sono andato anch’io. Decisamente bella, bellissima, la mostra. Forse poco frequentata ma d’altra parte è piena estate. Raccomandabile anche per le scuole. Incredibile per la diversità di stili e per gli autori, la maggior parte dei quali a me (a me soltanto?) sconosciuti. I quadri e le sculture piccole e grandi dell’Otto e Novecento rappresentano le donne in diversi modi di percezione individuale e sociale, alcuni molto originali e sorprendenti. Ma sono i manifesti degli anni d’oro delle lotte femministe elementi che fanno pensare ed emozionano fortemente, specialmente se messi in relazione all’ambiente che li accoglie, un antico monastero per monache di clausura.

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