La mascherina

23 aprile 2020 di: Rita Annaloro

A quanto pare il nostro abbigliamento anche per  il prossimo futuro includerà un nuovo articolo, la mascherina anti-virus, denigrata, chiacchierata, accettata e infine imposta in molte regioni. Dal modello iniziale, acquistabile ma non reperibile in farmacia o presso i negozi di ferramenta, sono trascorsi un paio di mesi, in cui il si salvi chi può ha imposto le soluzioni più disparate, dal foulard abbinabile per colori e fantasie all’outfit indossato, al grezzo assorbente multi-uso adat-tato a bloccare un orifizio  diverso  dall’abituale.

Nel prosieguo della pandemia molte imprese, da stimate camicerie alla pregiata sartoria Armani, hanno prodotto numerosi esemplari del nuovo capo di abbigliamento e anche diverse ditte parafarmaceutiche hanno sperimentato l’utilizzo di vari tessuti, testati poi dalle autorità competenti . Tutto questo spiegamento di forze, che sicuramente aiuterà a ridurre i rischi di contagio di molti virus, se non del Covid 19 , lascia supporre che dovremo adattarci a convivere a lungo con il bavaglio che ci nasconde parte del viso e che ci isola dagli altri, un po’ come le donne musulmane, che non molto tempo fa venivano invitate dall’opinione pubblica occidentale  a scoprire il loro volto.  Chiunque si può nascondere  dietro un velo o un burka, si obiettava , ne va della sicurezza nazionale si diceva, ma evidentemente oggi nessuno si sognerebbe di porre la stessa questione; pure questo scomodo anonimato sembra non tener in nessun conto il pericolo di non poter, per esempio,  fornire alla polizia elementi utili a identificare un malvivente. Nessuno sembra ricordare che nel periodo di Carnevale si ricorreva alla mascherina per girare indisturbati  fra case e casini, e l’ultima maschera di successo Anonymous ha sicuramente protetto  Casseurs  parapolitici nel corso di subbugli  in diverse città europee.

Chi la indossa si sente sicuro, protetto, scambia un cenno o un rumore di saluto con l’altro simile, perché siamo tutti uniti nella lotta al virus ,tutti insieme a sudare a  quest’estate, l’ombrellone a distanza di sicurezza dagli altri, allungheremo il bastone del selfie all’ambulante che girerà sulle spiagge  a vendere le sue bibite o la sua mercanzia con un foulard sulla bocca, e chissà che non ci sia già qualcuno che sta sperimentando calzetti di plastica da spiaggia….

 

4 commenti su questo articolo:

  1. Agata scrive:

    Devo ammettere che ormai la mascherina fa parte del mio abbigliamento tanto che senza non mi sentirei più a mio agio. Ispirandomi agli innumerevoli tutorial su YouTube ne sto realizzando diverse in tessuto, così che possano essere lavate e stirate, più per il piacere di realizzare qualcosa a mano che per reale utilità e forse con il desiderio che se mascherina deve essere almeno sia personalizzata per sottrarmi a questa omologazione forzata che ci rende tutti uguali

  2. Lidia scrive:

    Per i sordi che leggono il labiale sono state ideate mascherine trasparenti o con una parte che renda comunque visibile la bocca. Non è sempre moda, a volte è necessario pensare anche a ciò che serve veramente… qualcuno si nasconde dietro la mascherina, forse è vero, qualcun altro si sente protetto, altri non la sopportano proprio…ce ne faremo una ragione

  3. Lella scrive:

    io già non riconoscevo le persone per strada prima, quando uscivamo normalmente senza mascherina, e mi dicevano che ero maleducata invece sono solo distratta … adesso potrò chiudere con molta gente definitivamente oppure avrò una buona scusa per dire che dietro quelle mascherine siamo proprio tutti simili…

  4. Clara scrive:

    La mascherina come protezione dal contagio, come omologazione, come schermo sociale, come espressione di uguaglianza, come nuovo accessorio nell’abbigliamento sia femminile che maschile e così via. Tante sono le interpretazioni dell’uso delle mascherine che ci accompagneranno ancora per molto tempo. Stranamente mi viene da pensare a quando diventeranno non necessarie e le riporremo in un cassetto o le getteremo nei rifiuti. Più tardi diventeranno il simbolo di un’epoca come per esempio le ghette o l’eskimo. Qualcosa di datato, ma fortemente evocativo. Nel frattempo, come disse Eduardo De Filippo: “A da passà ‘a nuttata”.

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