Lockdown a Marettimo

27 aprile 2020 di: Mimma Grillo

Davanti alla mia casa di Marettimo ho piantato una vite quattro anni fa. Si è adattata ed è cresciuta come se fosse lì da sempre. E in effetti mi raccontano i vecchi che Marettimo anticamente era caratterizzata anche dai pergolati davanti le case. Tutto il vicinato si coccola la mia vite visto che, per tutta l’estate, il fogliame decora le pareti di tutto un lato della stradina, e visto che i grappoli, quando a inizio agosto arrivano, sono per tutti. Il mio amico Vito mi ha mandato una foto qualche giorno fa: stanno spuntando i nuovi germogli dopo la potatura di marzo, perfettamente eseguita, come sempre, da Salvatore, esperto di tecniche agricole sperimentate nel suo appezzamento di terra di Marausa, borgata di Trapani, dove coltiva di tutto. D’inverno Salvatore lavora con un cantiere edile trapanese a Marettimo. Tutte le ristrutturazione qui si fanno d’inverno, e gli operai edili sono normalmente parte essenziale della popolazione dell’isola nei mesi in cui molti altri vanno via. Arrivano il lunedì e tornano a Trapani il venerdì. Nelle serate delle mie visite invernali a Marettimo, sono preziosi compagni di qualche chiacchierata per strada prima della notte che appare profonda già alle nove di sera. Adesso Salvatore e tutti gli altri operai sono a Trapani, i cantieri sono stati fermati anche a Marettimo. E’ il lokdown. Sono chiusi gli unici due bar che di solito, in questo periodo, inaugurano la stagione e il ristorante sullo scalo di mezzo. Quest’anno, per la prima volta, non c’è stata neanche la festa del patrono, San Giuseppe, il 19 marzo. Non è mai successo, neanche durante la guerra, quando si spegnevano i lumi la sera nelle case per non palesare l’sola agli aerei nemici, con i chiarori delle finestre.

Lontana dall’Isola Sacra (il nome originario dell’isola è Nesos Hierà, così la chiamava Polibio) perché non ho fatto in tempo, prima del decreto dell’11 marzo, a raggiungerla da Palermo, dove mi trovo adesso, continuo a viverla attraverso foto, parole, immagini, che mi arrivano sul telefono o sul web. Come il video di qualche giorno fa: Lockdown visto da Marettimo. Ecco Pippo, il mio amico pescatore, dentro il suo singolare magazzino – un tendone montato su una barca tirata in secco allo Scalo Vecchio, a ridosso del piccolo molo, con vista su Punta Troia da un lato e sulle isole sorelle, Favignana e Levanzo, dall’altro lato. Pippo ripara le sue reti, come sempre. I delfini fanno molti danni alle reti…e ce ne sono tanti di delfini attorno all’isola…hanno preso il posto delle foche monache…i “mammarini” che un tempo erano i nemici delle reti e oggi sono preziosa specie protetta (qualche raro esemplare si avvista ancora nei pressi della grotta loro tradizionale rifugio notturno, chiaramente d’inverno, quando non ci sono troppe barche in mare). Il movimento delle mani è lento e sicuro mentre Pippo armeggia col filo, lo sguardo di sempre di chi la sa lunga accompagna la voce che con tono pacato dice:”noi non ci siamo fermati, abbiamo continuato a pescare, abbiamo portato il pesce all’isola anche in questo periodo…qui a Marettimo sempre in quarantena siamo d’inverno…non è cambiato niente…”. Anche Diego, il panettiere, fratello di Pippo, in mezzo al pane appena sfornato, parla di come questi giorni nell’isola somiglino ai giorni di tanti altri inverni passati :”sempre pochi siamo d’inverno, meno di cento…adesso però chi viene a comprare il pane aspetta il turno per entrare…si entra ad uno a uno, ma sempre quelli siamo…”.

La farmacista , intervistata al suo bancone, dice che in questo periodo ha lavorato di più, perché “la gente non va a Trapani e le medicine le comprano solo qui”. La Guardia Medica è sempre aperta, con un medico solo, non due come in estate. La Guardia Costiera ha sempre una sua base nell’isola ed è molto attiva nei controlli soprattutto del traffico degli aliscafi. La locale stazione dei Carabinieri invece è stata chiusa: i carabinieri vengono ogni mattina da Trapani e vanno via nel pomeriggio, per controllare che tutto proceda, anche qui, come è stato stabilito dai vari decreti e ordinanze, nazionali e regionali.

L’ufficio postale, con l’unico impiegato, è aperto solo tre giorni la settimana. La Chiesa, come sempre, è chiusa, dopo che l’ultimo parroco è andato in pensione e dopo che il cappellano del carcere di Favignana, che fino all’estate scorsa veniva la domenica, è stato trasferito.

Le piccole “putie” di Clemente e di Francesco riforniscono di viveri (non si puo’ mangiare solo pesce) gli isolani. Le strade del paesino mostrano poche persone in giro. Ma come dicevano Pippo e Diego qui questo è normale tutti gli inverni. Ci si chiede, certo, che estate sarà quella che sta per arrivare…Se lo chiedono anche Vito, Presidente dell’Associazione Marettimo, nonché ristoratore, e Laura che, oltre a gestire un bar, ogni estate organizza per il Museo del Mare la rassegna letteraria “Di qua e di là dal mare” che anni fa così è stata chiamata in onore a Vincenzo Consolo che qui con l’Associazione Marettimo ha allestito una mitica mostra fotografica dedicata all’emigrazione verso l’America ( Monterrey, San Diego e altri porti “di là dal mare”) che ha segnato la vita dei pescatori di Marettimo fin dalla fine del 1800.  Che estate sarà? Ce lo chiediamo tutti. Forse è ancora presto per capirlo. Quando dicono “andrà tutto bene” io comincio a chiedermi come. Spero di essere nell’isola quando il fogliame della vite si sarà già inerpicato sulla parete della mia casa. Intanto Nesos Hierà è sempre lì, ad avvolgere chi la ama con l’abbraccio della sua montagna: i falchi volteggiano su Pizzo Falcone e le poiane sui sentieri che si inerpicano verso le cave abbandonate, il biancospino si copre di petali bianchi (è il tempo della fioritura) e sul costone sotto il Semaforo si aprono le corolle delle specie endemiche (questa è la stagione per alcune), i mufloni continuano a salutare il giorno che se ne va con i loro balzi eleganti e leggeri verso il Taurro, mentre i cervi si fermano, immobili, sugli spuntoni di pietra a picco sul mare. Le Barranche poi, le maestose cattedrali di roccia su Cala Bianca, continuano a colorarsi come il bronzo al tramonto, lì, dietro l’isola, dove il sole s’immerge nel mare ogni sera e Venere si accende alta nel cielo. E poi c’è il mare. Blu, smeraldo, verde. Bianco di schiuma e alto sul molo quando si alza lo scirocco e decide che non arriva più nessuno (fino a che non sarà bonaccia , naturalmente).

3 commenti su questo articolo:

  1. Lorenza villa scrive:

    Un colpo al cuore ! La mia isola ,si anche mia,amata terra,entrata nelle mie corde come mai nessun’altra . Con questo delizioso racconto ero lì. Con te. Grazie .Sono una milanese/brianzola

    • mimma grillo scrive:

      cara Lorenza, mi emoziono ogni volta che incontro qualcuno che, come me, ha preso il “mal di Marettimo” perché sento che qualcosa ci lega. amare l’Isola Sacra è entrare in sintonia con qualcosa che non è solo un luogo, ma, come dice un amico, una “categoria dell’anima”. Siamo tanti sparsi per il mondo ma abbiamo sicuramente qualcosa che ci accomuna. Quando sto nell’Isola oltre che vagare per le montagne, andare in mare con Minico e oziare allo Scalo Vecchio o al Bar tramontana, in genere dedico molte ore del mio tempo al Museo del Mare dove, a chi vuole ascoltare, racconto la Storia e le storie dell’Isola. Aiuto come posso Vito Vaccaro. Spero di incontrarti presto. Ciao. Mimma

  2. Lorenza villa scrive:

    Mimma canterai le storie e la storia anche per me, un giorno ci sarò.
    Lì con te ad ascoltarti.

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