Pane e pane

16 maggio 2020 di: Grazia Gualtrucco

Che giorno è oggi? i giorni si ripetono uguali, forse è domenica o magari lunedì travestito da domenica: in notti inquiete si sogna che tutto questo sia un gioco esistenziale, forse un test etico al quale ci hanno sottoposto. A volte è un incubo con protagonista una mostruosa bilancia che segna un peso da “donna cannone” per il troppo pane cucinato e mangiato durante l’isolamento. Una frenesia questa, di preparare in casa il pane, non solo italiana, come si legge su siti internazionali che raccontano di ricette senza impastare e di pane senza lievito ma con bicarbonato. Perché, traslando da una vecchia poesia di Giovanni Berchet: “il morbo infuria, il… lievito ci manca”.
Con la Fase 2 tornerà probabilmente il lievito ma saremo stufe non solo di cuocere pane ma anche di applicazioni di fitness, di libri, di serie televisive, di karaoke casalinghi o di tour virtuali in luoghi esotici o in siti archeologici.
Eppure forse può essere utile, come scriveva Enzo Bianchi qualche anno fa su La Stampa, “soffermarci a contemplare il pane, generato dalla terra intorno al Mediterraneo, nell’Egitto del terzo millennio”; in Palestina ogni città aveva il suo fornaio e Betlemme, “Bayt Lehem, la casa del pane” in ebraico e in greco (ma, attenzione, la casa della carne in arabo) era famosa per i suoi campi di grano.

Una liaison dangereuse è quella che lega il lievito all’impasto, sottolinea l’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert che definisce il lievito come “sostanza conosciuta più per i suoi effetti che per la sua natura”: insomma, tra il lievito e il substrato c’è una sorta di affinità elettiva. “Nell’immaginario mediterraneo la sostanza magica che gonfia l’impasto del pane è sempre il dono di un essere soprannaturale”. Fiabe e miti raccontano di figure femminili depositarie di questo sapere, che garantiscono la solidarietà e la comunicazione sociale, l’attenzione e la cura per l’altro. Nostre signore della lievitazione? Non a caso, il lievito è chiamato pasta madre, bene comune che passava di mano in mano e veniva conservato. E sempre non a caso nelle lingue neolatine dalla parola lievito nasce il termine allievo: il maestro fa crescere il discepolo come il lievito fa crescere il pane Nel mondo mediterraneo, e non solo, la panificazione rappresenta il discrimine tra natura e cultura: il pane inteso come alimento umano per antonomasia, nutrimento materiale e simbolico al tempo stesso. Simbolo dunque dell’umano con il pane ci distinguiamo, da tempi lontani, dai barbari. O dai virus, potremmo azzardare: nell’Odissea, Ulisse sottolinea l’inumanità di Polifemo raccontando che il ciclope “non somiglia a un mangiatore di pane ma a un picco selvoso isolato dagli altri monti”.

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